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Spesso è chiamata risina o fagiolina del corno, o anche fagiolo del metre, ma il suo nome esatto è Fagiolina del Lago Trasimeno e in tempi passati è stata uno degli ingredienti fondamentali della dieta povera dei contadini che abitavano i territori nei pressi del lago Trasimeno. E si può dire da lunga data, pare che nel 300 a.c. fosse già presente in zona per esservi coltivata fino agli anni Cinquanta. I piccoli semi bianchi, con occhio oppure senza, erano consumati secchi oppure freschi come cornetto. Il seme è piccolo e bianco come un chicco di riso. Per questo si chiama anche risina. Coltivata da sempre sui terreni attorno al lago e diffusa fino agli anni ’50, in seguito, la Fagiolina del Lago Trasimeno è quasi scomparsa: non sono più di tre i coltivatori rimasti. Colpa di una coltivazione lunga, faticosa e ancora tutta manuale: dalla semina alla raccolta fino alla battitura. La maturazione, inoltre, è scalare: i fagioli devono essere raccolti ogni giorno per un paio di settimane. Le piantine si sistemano nell’aia, si fanno essiccare e si battono con forche e bastoni. Poi, con i vagli si separano i semi e si insaccano. La Fagiolina del lago Trasimeno oggi è prodotta in quantità molto limitate: appena tre agricoltori producono ogni anno non più di due o tre quintali. Per difendere la Fagiolina dagli attacchi del tonchio (il suo peggior nemico) le tecniche di conservazione sono diverse: molti, ad esempio, chiudono i semi in barattoli di vetro con pepe o foglie di alloro. Le ricette locali a base di Fagiolina sono semplicissime: quella essiccata si mangia lessa con un po’ di olio extravergine di oliva del Trasimeno, mentre quella fresca (il cornetto) si passa in tegame con pomodoro e aglio.
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